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Quando fare rumore è bene, ma stare zitti è meglio

 

Il poker è spesso fatto di correnti di pensiero, parecchie delle sue componenti sono oggetto di diatriba tra i giocatori che la pensano in un modo e altri che la pensano in quello diametralmente opposto.

È il caso, tra gli altri, di quelle particolari situazioni in cui ci imbattiamo contro giocatori particolarmente molesti, quelli che non la smettono un secondo di parlare, che cercano di diventare nostri amici riempiendoci di domande fastidiose.

Ma quella tipologia di giocatori è la stessa dalla quale possiamo assorbire il maggior numero di informazioni, quindi il nostro dilemma è il seguente: segarli del tutto, o ascoltare ciò che hanno da dirci?

Dan Harrington e Mike Caro, nel momento della loro massima produzione letteraria, parlavano di “assassini silenziosi e rumorosi”, entrambe categorie molto forti nell’accentrare i loro punti di forza in questa o in quell’altra strategia, con un punto fermo: mantenere fede totale e incondizionata verso il proprio modus operandi.

Leggendari rimangono impressi nelle nostre menti gli scontri verbali tra questi protagonisti, senza dimenticare l’innesto di altri mostri sacri della specialità arrivati in un’epoca immediatamente successiva, si pensi ad esempio a Tony G. Guoga.

Meno casinisti, ma comunque inclini alla disciplina, affiorano tra i nostri ricordi giocatori del calibro del danese Gus Hansen, o Daniel Negreanu, decisamente più portati a parlare per ascoltare più che per cercare di fare amicizia.

Storicamente dobbiamo invece eliminare da questa categoria artisti come Phil Ivey, Barry Greenstein o il leggendario Doyle Brunson, letteralmente etichettati come alligatori del tavolo verde, sangue gelido e zero parole, silenzio assoluto.

Per quanto riguarda i nostri connazionali, tranne che per rarissimi casi particolari, i giocatori che hanno portato in alto il buon nome del poker italiano, si sono distinti soprattutto per i loro risultati, più che per il loro modo di comportarsi al tavolo.

Pensate gente come Kanit, Sammartino, Pescatori, Gianluca Speranza, solo per citare quelli che negli ultimi si sono particolarmente distinti all’estero: nessuno di loro ha praticamente mai dato l’impressione di uscire fuori dal seminato, contrariamente, peraltro, a ciò che si pensa di noi italiani, notoriamente dei gran casinisti.

Provate a fare un esercizio consigliato dai più: ripercorrete mentalmente la vostra sessione di gioco effettuata all’Imperium di Milano, così come da qualsiasi altra parte.

Sono più le informazione che avete carpito dai vostri avversari o quelle che vi siete fatti estorcere con furbizia?

L’imperativo è sempre quello di essere onesti con voi stessi, solo in questo modo migliorerete con una certa sicurezza.

Ci vediamo ai tavoli!

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