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Tight è bello, ma non troppo: è questione di equity

Il profilo del giocatore tight è piuttosto chiaro: solida selezione delle starting hand, prudenza massima, avversione al rischio. Il contrario del giocatore loose, che ama farsi coinvolgere in tante mani e non ha paura di prendersi una sportellata in faccia.

L’approccio tight è quello che solitamente viene consigliato ai principianti, perché permette di concentrarsi sui fondamentali del gioco, migliorando le proprie skill e trovando la propria dimensione – che in un futuro potrebbe anche essere più loose.

Ma attenzione, perché essere tight va bene, esagerare… no!

Rischio tutto o no?

Se siete giocatori tight e non riuscite ad ottenere i risultati che sperate, probabilmente avete la tendenza ad esserlo un po’ troppo in determinate situazioni. È facile che abbiate un’ottima capacità di giudizio quando si tratta di scegliere le mani di partenza, ma che siate esageratamente conservativi in alcune circostanze.

Diciamo che siete arrivati nelle fasi deep di un torneo. Un giocatore punta o rilancia abbastanza da mettervi in all-in. Non è mai facile capire quale sia la decisione giusta, ma il concetto di base lo è: sappiamo che se chiamiamo e perdiamo, il nostro stack è 0: ma se foldiamo, quanto vale il nostro stack? E se chiamiamo e vinciamo? E quale percentuale di volte ci aspettiamo di vincere, se optiamo per il call?

Perché tutto sta nell’attribuire all’avversario un range di mani ragionevolmente preciso: il resto, è solo matematica.

Il supporto della matematica

Facciamo finta che il vostro stack valga 1.000 se foldiamo, mentre 2.500 se chiamate e vincete. Se pensate di avere il 50% di probabilità di avere la mano vincente, la decisione corretta nell’esempio precedente è quella di fare call.

La metà delle volte avrete chip per un valore di 2.500, mentre l’altra metà avrete 0, per una media di 1.250. Dal momento che 1.250 è più alto di 1.000, cioè quello che state rischiando, il call è una decisione matematicamente corretta.

Semplice, non credete?

La sopravvivenza non conta: conta l’equity

In un torneo, si sa, intervengono considerazioni che vanno al di là del puro calcolo, come ad esempio la sopravvivenza. Ma questo, nel lungo periodo, è un concetto che non ha alcun fondamento matematico, per che quel che conta è l’equity.

L’obiettivo deve essere quello di stimare al meglio l’equity di ciascuna scelta a vostra disposizione, e prendere sempre la decisione che abbia l’equity più alta: se questo comporta rischiare di più, così sia.

Solo i giocatori capaci di prendere sempre la decisione dall’equity più alta possono diventare giocatori vincenti nel lungo periodo.

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